Il musical è un prodotto molto complesso. Abbiamo pensato che non ci fosse strada migliore per esplorarlo, se non ispirandosi alle note musicali, che sono state lo spunto per rivolgere alcune simpatiche domande a un compositore di colonne sonore... ma non solo!
A quattro anni di distanza dal successo di pubblico e critica del primo tour italiano, l’opera pop Siddhartha – The Musical torna in scena a Milano: dal 2 al 5 febbraio al Teatro LinearCiak, nella nuova versione diretta da Daniele Cauduro, con scenografie, costumi e coreografie rinnovate. Il protagonista, nel ruolo di Siddhartha, è ancora una volta Giorgio Adamo e il cast si arricchisce della presenza di un narratore d’eccezione: Edoardo Costa.
Teatro.it ha esplorato un lato fondamentale: l’approccio musicale a un prodotto molto complesso come il musical. Ce ne parla Fabio Codega, compositore della colonna sonora dell’opera.
(DO) Qual è la priorità che un compositore di musical dà al suo lavoro?
In fase di composizione conta molto il musical in sé. Non si tratta di musiche composte “per te stesso”, bisogna comunque tenere in considerazione le esigenze dei vari “reparti” con cui si lavora (regia, scenografia, coreografie, copione). La struttura melodica e armonica molto spesso non è quella definitiva, ma serve per dare inizio al lavoro del coreografo. Siddhartha è stato un lavoro molto complesso, perché ci siamo trovati a sintetizzare interi capitoli del libro in una sola canzone, per fare arrivare il concetto al pubblico.
A volte l’impegno del compositore si nota poco, perché si lavora in uno studio, non è necessaria una presenza costante durante le prove e si usa molto l’immaginazione o al massimo alcuni riferimenti video/fotografici.
(DO#) La situazione sarebbe diversa se ci fosse un’orchestra dal vivo?
Tengo a precisare che io non sono un compositore di musica classica e sarebbe anche riduttivo definirmi così. Oggi siamo una generazione di “producer”, abbiamo il nostro studio, dove simuliamo un’orchestrazione. Alla base c’è un lavoro proprio di disegno del suono. Chiaramente, quando c’è in ballo un’orchestra, si interagisce anche con il direttore, tutto ciò che non può essere riproducibile dal vivo si adatta…ma in questo caso parliamo di spettacoli che prevedono budget molto elevati.
(RE) Qual è l’aspetto principale dell’organizzazione musicale del suo lavoro?
L’aspetto più importante, comunque, è la tessitura sonora, ossia in che modo indirizzare l’arrangiamento: determinati suoni producono specifici “mood” emotivi. Siddhartha, musicalmente, nasce come un puzzle. Avevamo tante idee nel cassetto, che aspettavano soltanto di essere utilizzate all’interno dello spettacolo. Alcuni arrangiamenti hanno addirittura vent’anni, ma sono inediti.
(MI ) Cosa le piace del suo lavoro?
Mi piace la creatività. Affrontare nuove sfide, mondi musicali contaminati. Una volta che ho finito il pezzo, perdo un po’ di quella verve e ho poi bisogna di scrivere altro. Non mi piace ascoltare la mia musica. La vivo, creandola.
(FA) Lei compone anche in ambito pubblicitario. Qual è la differenza più importante rispetto alla composizione di un musical?
Io lavoro per Mediaset e Rai. Solitamente, mi viene indicato dalla direzione un determinato brano. Quando compongo una canzone per la pubblicità, lo faccio seguendo specifici canoni radiofonici: ad esempio, deve essere forte al primo ascolto. Poi viene editata dal network e utilizzata per lo spot. Nel caso di Siddhartha, bisognava utilizzare un suono “popolare” e quindi mi sono ispirato alla musica da film (azione, sonorità etniche e in stile Bollywood, musica house e dance), tenendo sempre presente canzoni devono piacere subito, anche perché non stiamo parlando di artisti famosi, che hanno la possibilità di essere lanciati attraverso Sanremo. Bisogna convincere il pubblico al primo ascolto.
Una (SOLa) curiosità, un aneddoto da dietro le quinte di questo musical?
Una delle cose più assurde che mi è capitata è questa: mi chiama l’autrice (Isabeau, ndr.) e mi dice che il giorno dopo, di prima mattina, sarebbe passato Beppe Carletti (Nomadi, ndr.), per sentire cosa avevo già realizzato.
Io avevo pronto il primo abbozzo di arrangiamento del tempo portante dello spettacolo, Se l’amore vivrà, con pianoforte e voce registrata di Giorgio Adamo. Dopo aver lavorato tutta la notte, decido di farmi una doccia, e nel frattempo si rompe la lavastoviglie, allagando tutto l’appartamento. Ho dovuto passare la mattinata, prima che arrivasse Carletti, ad asciugare il pavimento. Per fortuna, lui è arrivato con due ore di ritardo!
Chi le ha dato il LA per partecipare a questo progetto?
Il progetto nasce con il laboratorio del carcere di Opera. Io collaboravo con Isabeau alla costruzione di spettacoli che prevedessero il coinvolgimento dei detenuti già dal 2008.
Fabrizio Carbon (co-autore e produttore esecutivo dello spettacolo, ndr.) ci “monitorava” da qualche hanno e ci chiese un titolo forte per una produzione. Isabeau ha pensato a Siddhartha, Fabrizio ha ascoltato l’arrangiamento della prima mezz’ora dello show… ed eccoci qui!
C’è sempre più ricerca del SIlenzio, anche da parte di chi lavora nel mondo del musical. Perché, secondo lei?
Per quelli che fanno il mio lavoro, il silenzio è d’oro, specialmente quando si lavora in studio.
Quando la sera finisci di lavorare, ti suona tutto in testa e non vuoi sentire nient’altro che silenzio.
Ma il silenzio è anche un consiglio: molte volte è meglio stare zitti. C’è tanta gente che parla più del dovuto, secondo me il silenzio fa bene a tutti!